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Messaggio  Presidente Mar Set 07, 2010 5:35 pm

MILANO, 7 settembre 2010 - Gli ingaggi dei giocatori di Serie A volano oltre il miliardo di euro, ma i club non lo confermeranno mai. Anzi, le prime stime (che derivano dai contratti-base) portano a un monte-stipendi di 802,5 milioni. In apparente diminuzione rispetto agli ultimi due anni. Per capire meglio il giochino vi raccontiamo la storiella di Ibra e Eto’o. Un anno fa le loro strade si erano incrociate sulla rotta Milano-Barcellona. Lo svedese guadagnava 12 milioni netti in Catalogna e il camerunese 10,5 all’Inter. Un anno dopo a Zlatan in rossonero viene attribuito uno stipendio di 9, mentre addirittura Samuel scende a 8 in nerazzurro. Ci credete? Davvero le due attuali stelle del calcio italiano si sono autotassate così facilmente? Noi siamo portati a credere che nei loro contratti queste cifre ci sono davvero. Il problema è capire, invece, quanti soldi i due troveranno in busta paga a fine stagione. E se fossero 12? Si accettano scommesse.


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I conti flessibili — Ciò, allora, come può accadere? Non ci sono alchimie. Tutto è legato alla flessibilità dei contratti, un’innovazione che guarda caso le società della massima serie hanno posto al primo punto delle loro sette richieste all’Assocalciatori per il nuovo accordo collettivo. In attesa che la percentuale della parte fissa scenda sotto il 50%, sono già tanti gli esempi dei calciatori che hanno sottoscritto intese innovative, con incentivi e premi personali per ogni uso e consumo. Un po’ quel che accade nel mondo del lavoro, soprattutto ai manager: un’elasticità che permette ai club di modulare i propri investimenti senza sentire il fiato sul collo degli azionisti. E dell’opinione pubblica. Comunque sia, è facile prevedere che a fine stagione si arriverà comodamente alla soglia del miliardo di euro e includendo i bonus collettivi si potrà anche andare oltre.
La svolta — Resta il fatto che i presidenti sono tornati a spendere. Il 2010 è l’anno dei cambiamenti. Arrivano più soldi dalle televisioni, grazie anche alla ripartizione collettiva che fa sempre più ricca la medio-borghesia della Serie A. Così sono cresciuti gli investimenti sul mercato, ma soprattutto le risorse dedicate agli stipendi dei calciatori. É un fenomeno conseguenziale alla nuova frontiera retributiva. I calciatori che accettano di rischiare, rinunciando agli emolumenti certi, in compenso chiedono di alzare la posta dei loro guadagni finali. E ciò avviene a tutti i livelli, non solo per le squadre di vertice. Eppure questo nuovo boom non va certo in direzione dell’applicazione del fair play finanziario di Platini. Tra due anni l’Uefa chiederà conto alle società che non si metteranno in regola con i conti. E purtroppo il nostro calcio continua a ricadere nei soliti errori. Già due anni fa la Serie A aveva un triste primato europeo: da noi il costo-lavoro incide per il 70% sui ricavi e di questo passo sarà difficile invertire la tendenza. Tanto più che il nostro calcio dipende sempre più dalle tv e stenta ad aumentare gli incassi di altra natura (stadi, merchandising, eccetera). Ed è questo il vero gap rispetto agli altri Paesi di punta.
Il sorpasso — Ad animare la sfida milanese sul mercato è stato senza dubbio il Milan, con il doppio colpo Ibrahimovic-Robinho. E dire che Adriano Galliani aveva iniziato l’estate con il bilancino in mano, provando a risparmiare su tutti i fronti: dall’addio a Dida e ai suoi 4 milioni netti alle spalmature di Oddo e Gattuso. Invece è cambiata la filosofia rossonera con il colpo di coda di Berlusconi, un’operazione che comporta investimenti pluriennali per 150 milioni e passa. In questa maniera il Milan torna ad essere il club più spendaccione d’Italia con un lordo da 130 milioni, togliendo il primato proprio alla società di Moratti che si ferma a 121. Segue in scia la Juventus di Andrea Agnelli che pure ha registrato dei risparmi, scendendo da 115 a 100.


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Dieta Moratti — Nei commenti di fine mercato ha fatto discutere la scelta "astensionista" di Massimo Moratti in zona acquisti. I critici sono soprattutto coloro i quali hanno visto come uno smacco il blitz catalano dei rossoneri. Piuttosto va analizzato il perché di questa strategia. Il d.t. Marco Branca in questi mesi ha risparmiato un po’ di soldini con le cessioni di Quaresma, Burdisso e Jimenez. Poi, ha promosso un po’ di ragazzi, attenuando i costi della rosa. E l’investimento più costoso, Ranocchia, arriverà più avanti. L’idea è quella di dimagrire e ringiovanirsi con gradualità. Intanto si ricordi che Moratti ha risparmiato un po’ di soldini anche con gli allenatori. Via Mourinho, non solo ha sollevato il club da una spesa lorda di 16 milioni, ma il Real per liberarlo ha pagato 10 milioni. E con quei denari ora viene pagato Benitez...
Effetto scudetto — Per restare all’Inter, in questi anni ha pesato in maniera ingente il pagamento dei premi-scudetto (cinque consecutivi). Una voce, questa che ha inciso non poco nei conteggi delle spese per i propri tesserati. Invece i premi per l’ultima Champions League sono di fatto pagati dai generosi contributi dell’Uefa. Ma è chiaro ormai che in casa nerazzurra sono finiti i tempi delle spese senza controllo. Anche se poi è dura chiudere i rubinetti.
le altre — In linea con i ricchi investimenti in entrata merita attenzione l’operato del Genoa di Preziosi, generoso sia nel cercare sempre il meglio, ma anche nel pagare i suoi giocatori. Quei 4 milioni netti a Luca Toni rappresentano un autentico lusso e a ruota anche gli altri ingaggi hanno comportato spese rilevanti. In controtendenza c’è la Fiorentina. I Della Valle hanno tenuto inalterate le spese per i giocatori. Non è facile, ma anche questa è la riprova di una programmazione che tende a far crescere il gruppo: dando ai più il tempo di crescere, senza forzature di alcun tipo. In questo contesto attenzione anche alla politica del Palermo. Il club di Zamparini riesce a tenere bassi gli stipendi, anche perché avanzano i giovani. Una politica che a Udine fanno da anni. A riprova che è possibile uno sviluppo sostenibile. Senza ricorrere ad illusori e pericolosi salti in avanti. A patto, pero, che non s’inseguano le stelle.
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